aAnche se con un pò di ritardo, ecco a voi una raccolta di immagini video con commento, dei fatti di Rosarno, fatti da me.
An.Mor.
aAnche se con un pò di ritardo, ecco a voi una raccolta di immagini video con commento, dei fatti di Rosarno, fatti da me.
An.Mor.
Dopo l’attentato dinamitardo consumato contro gli uffici della Procura Generale di Reggio Calabria durante la notte tra il 2 e il 3 gennaio, sembra che la vita dei reggini non avesse subito particolari scossoni. Alla messa delle 7 e mezza, celebrata alla chiesa degli Ottimati, proprio accanto al luogo dell’attentato, c’è tanta, tantissima gente. I più commentano l’accaduto della notte, qualche curioso si sofferma a guardare la scena, nel frattempo i Carabinieri transennano l’area e cominciano i rilievi.
Che la ‘ndrangheta stesse attraversando un momento di riorganizzazione, di assestamento era cosa palese. Non fosse altro perché nel solo 2009, la magistratura reggina con l’apporto delle forze dell’ordine ha portato a compimento 49 arresti di latitanti inseriti spesso e volentieri nei 30 più pericolosi d’Italia. Ha tolto dalla disponibilità dei clan oltre 800 milioni di euro di beni immobili e non.
Mai la ‘ndrangheta si era permessa il lusso di attaccare lo Stato. Mai la ‘ndrangheta aveva attaccato palazzi delle istituzioni. Ma questa volta la criminalità organizzata reggina, ha deciso di alzare il tiro, contro quei magistrati che stanno alacremente lavorando per restituire una speranza alla società civile. Se l’ordigno piazzato la notte tra il 2 e il 3 gennaio fosse esplosa all’apice del proprio potenziale, con ogni probabilità la parte frontale del palazzo che ospita gli uffici della Procura Generale presso la Corte d’Appello e quelli del Giudice di Pace, sarebbe crollata totalmente.
In quegli uffici, da poche settimane diretti dal neo Procuratore Generale Salvatore Di Landro, arriverà a breve una mole di lavoro davvero eccezionale. Si tratta di procedimenti il cui primo grado è già terminato e che a breve dovrebbero vedere l’inizio dell’appello. A breve la Corte d’Appello di Reggio Calabria dovrà pronunciarsi sulla confisca di 60 milioni di euro ad Alfredo Bidognetti, considerato dalla DDA reggina il prestanome di Pasquale Condello, meglio conosciuto come il “Supremo”.
A breve approderà in Corte d’Appello anche il rito abbreviato del procedimento Fehida, inerente la faida di San Luca tra i Pelle-Vottari e i Nirta-Strangio. Tanti sono gli appuntamenti che riguardano da vicino le sorti di inchieste faticosamente portate a termine dalla magistratura e dalle forze dell’ordine. Mai dicevamo, la ‘ndrangheta si era contrapposta alle istituzioni. Questo, è sempre stato appannaggio dei “palermitani”, di quella Cosa Nostra che sotto l’egemonia di Riina e dei Corleonesi, ha sferrato attacchi allo stato a ai magistrati.
La ‘ndrangheta no, le ndrine hanno sempre optato per un profilo basso. È da questo che si possono carpire i primi indizi su un accaduto che sta tenendo in angoscia una intera città. La ‘ndrangheta negli ultimi anni ha subito ingenti perdite ad opera di magistratura e forze dell’ordine. L’attenzione degli inquirenti su latitanti storici come Peppe De Stefano o Pietro Criaco, come Giuseppe Coluccio, arrestato a Toronto, o ancora Giovanni Strangio, arrestato ad Amsterdam e ritenuto l’esecutore materiale oltre che l’ideatore della strage di Duisburg. La magistratura reggina in questi anni ha posto sotto sequestro centinaia, forse migliaia di euro di beni mobili e immobili nelle disponibilità delle cosche. Anche tutto questo ha portato presumibilmente all’attentato dinamitardo sferrato dalla ‘ndrangheta alla magistratura reggina.
Queste incertezze alla guida dei clan, che quasi mensilmente devono fare la conta di chi è caduto nelle maglie della giustizia, dettano molte volte scelte affrettate, sbagliate. Alzare cosi tanto il tiro per una criminalità che mai si era permessa il lusso di contrapporsi allo stato di diritto cosi palesemente, è un forte indicatore della tensione che si registra a queste latitudini. Già oggi in prefettura si è registrata la presenza del Sottosegretario agli Interni, Francesco Nitto Palma, del capo della Divisione Centrale Anticrimine Gratteri.
Tutti in accordo su una cosa, un vertice dei capi bastone delle cosche reggine ha deciso che l’ordigno poteva essere piazzato davanti alla Procura Generale, in pieno centro, in una zona inondata di telecamere a circuito chiuso. La scelta della bomba può essere solo una scelta collegiale, nessun clan si può permettere un gesto tanto eclatante senza il placet delle altre famiglie. Già grazie alle riprese a circuito chiuso, è stato possibile identificare la targa del motorino utilizzato per giungere e fuggire dal luogo dell’attentato. Dalle registrazioni si notano distintamente due uomini, snelli ed agili che piazzano l’ordigno e si dileguano immediatamente dopo l’accensione della miccia.
Il prossimo 7 gennaio, arriverà a Reggio Calabria il Ministro dell’Interno Roberto Maroni, obbiettivo dell’incontro fare il punto della situazione e presentare le linee guida del Governo riguardo le decisioni da prendere. Sarà anche l’occasione per il passaggio di consegne alla Prefettura di Reggio, tra Francesco Musolino, che andrà a dirigere la prefettura di Genova, e il suo collega Varratta, che da Crotone giungerà sulla sponda orientale dello stretto. Intanto, anche i cittadini sono scesi in piazza.
E questa si che è una rarità. A differenza di Palermo, dove i cittadini onesti, quelli perbene, stazionano davanti la questura o il comando dei Carabinieri per attendere l’arrivo degli arrestati e festeggiare con i militari la “liberazione”, a Reggio al più, era stato possibile vedere qualcuno che invece mandava baci agli arrestati fuori dalla questura. Ma questa volta no. La sera stessa dell’attentato un gruppo di cittadini, in maniera silenziosa si era riunita nei pressi della Procura Generale, per manifestare anche silenziosamente vicinanza alle istituzioni, e disprezzo verso chi ha compiuto un vile atto come questo, di chi giornalmente vive nell’illegalità rendendo un inferno la vita di chi vive civilmente.
“La disperazione peggiore di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile”. Cosi scriveva Corrado Alvaro, anch’egli calabrese. Ma questa volta no, questa volta la società civile ha deciso di schierarsi. Di prendere posizione. Perché gli iniqui non prendono posizione. Chi sta con la ‘ndrangheta sceglie di non scegliere.
Antonio Morelli